Presentazione
Siamo nel Parco ex Ila, l’area verde del compendio urbanistico compreso fra le vie Galileo Ferraris, Comasina e via Colli di S. Erasmo. Prende il nome dall’Istituto Legnanese di Assistenza (ILA) e dal Sanatorio che, tra gli anni ’20 e ’60, curava i malati di TBC. Oggi è un bene per tutta la città, essendo in gran parte un parco pubblico con oltre 800 alberi “adulti”, entrato a far parte della ReGiS (Rete dei Giardini Storici). La sua storia si intreccia con quella dell’industria tessile legnanese e con le opere paternalistiche realizzate ai primi del Novecento dagli industriali locali, in quanto la tubercolosi era strettamente connessa alle condizioni lavorative dei Cotonifici. Se già ai primi del secolo la malattia si era sviluppata localmente, però, fu solo durante la prima guerra mondiale che divenne un fenomeno morboso di massa, tanto che già nel 1914 si era cercato di “adibire il Lazzaretto, opportunamente adattato, ad ospedale”, anche se tale soluzione si rivelò inadatta e si pensò di creare una struttura specifica dietro all’Ospedale Civile. L'"Istituzione di assistenza ai tubercolotici di Legnano" (primo vero nome del sito) nacque nel 1924, a seguito dell'attività di un "Comitato di benefattori" istituito nel 1918. Promotrice dalla fondazione della pia opera fu l'Amministrazione Comunale di Legnano che, già dal 1917, a causa dell’aggravamento della malattia durante la guerra, si preoccupò "di trovare un mezzo pratico e risolutivo per combattere efficacemente il flagello dalla tubercolosi...". Nel dicembre di quell'anno, infatti, il Consiglio Comunale di Legnano aveva deliberato l'assunzione di un mutuo di 200.000 lire allo scopo di avviare una sottoscrizione pubblica per la costruzione di un ospedale "per malati di petto". Un anno dopo, nel dicembre 1918, si costituì uno "speciale Comitato", presieduto dall'allora Sindaco di Legnano, Attilio Agosti, e dal presidente della locale Congregazione di carità, Antonio Bernocchi, con la funzione di provvedere alla costruzione di un "tubercolosario" in Legnano, ad uso dei malati del Comune e dei territori limitrofi. Le prime attività del Comitato riguardarono la raccolta di fondi e lo studio di un progetto, da parte prima dell’arch. D. Brioschi, progettista del Sanatorio di Prasomaso in Valtellina, e poi dell’ing. G. Moro dell’Ufficio Tecnico Comunale, per la costruzione di un Sanatorio da edificare a Legnano nelle immediate adiacenze della località denominata allora Bosco Tosi (ora i Boschi Tosi sono individuati oltre l’autostrada), progetto poi non realizzato. Sfumato il progetto, nel 1921 il Comitato affidò l'incarico di concretizzare le proprie aspirazioni all'ingegnere svizzero Carlo Jucker, allora direttore del Cotonificio Cantoni, che iniziò subito le opere di edificazione del Sanatorio, affidandone il progetto agli ingegneri Giulio Brini e Simone Roveda, tecnici milanesi di fiducia del Cotonificio, con l’intenzione iniziale di aggregarlo al locale ospedale di circolo. Nel 1922 l’Amministrazione Ospedaliera acquistò pertanto un terreno di circa 70 ettari, situato tra l’ospedale e la collina dei Ronchi, ai piedi del colle di S. Erasmo, già di proprietà dell’Opera pia S. Erasmo, che possedeva caratteristiche adatte ad Sanatorio di pianura, “in posizione ridente, appena fuori della zona abitata di Legnano”. Recintata l’area, si diede inizio alla costruzione degli edifici: subito furono realizzati il corpo centrale, di cui fu aumentata la capacità rispetto al progetto iniziale, e l’alloggio del custode, mentre l’anno successivo furono terminate le verande laterali per le cure d’aria, di cui una è da qui parzialmente visibile sulla sinistra. I lavori di costruzione dell'edificio principale, adibito alla cura dei malati polmonari, si conclusero nel giugno 1924. L’inaugurazione del Sanatorio avvenne il 19 giugno 1924, alla presenza della Regina madre Margherita di Savoia, ed il successivo 28 giugno esso iniziò l’attività, con una capacità ricettiva di 104 letti, intestandolo alla Regina Elena di Savoia. Tra 1926 e 1927 il complesso fu completato da “due corpi di fabbricati ad un piano” in via Colli di S. Erasmo, che inquadravano l’ingresso, allora destinati ai servizi. Le verande laterali di cura furono invece ampliate con l’aggiunta di tre campate, passando da una capacità di 33 a 45 posti per reparto. Il complesso, munito di verande panoramiche e circondato da un ampio giardino, poteva ospitare numerosi degenti, oltre alle suore e al personale di servizio. Era una “leggiadra costruzione nelle linee sobrie ed eleganti, vivace nelle decorazioni e nelle movenze architettoniche”, composta da “un corpo centrale a due piani e due corpi laterali ad un piano tesi come braccia al sole”, e “dotata […] di un magnifico parco circostante, sistemato in parte a pineta con circa 20.000 conifere e in parte a giardino all’inglese”. Dalle cronache del tempo emerge che era anche una “costruzione modernissima, nella quale tutti i particolari della più progredita terapia furono studiati ed adottati”, studiato “in modo che l’ammalato non avesse l’impressione di trovarsi in un luogo di dolore”, e nel quale erano stati concentrati “tutti i perfezionamenti rilevati nei più moderni e meglio organizzati sanatori europei”. Parallelamente all’opera di edificazione operava un Comitato promotore per la raccolta dei fondi, che vide “oblazioni generosissime di industriali, Enti e privati”, per un totale di 6 milioni di lire, dando luogo all’Istituzione di Assistenza ai Tubercolotici (primo nome di questa struttura), rientrante nella categoria delle I.P.A.B., ovvero Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficenza (sigla che dal 1856 fino al 1977 – anno di soppressione per legge – in Italia denominò tutte le istituzioni che provvedevano all’assistenza in genere).